Poco prima di mezzogiorno del 25 aprile il comando della IX divisione garibaldina di Sesto San Giovanni ricevette l’ordine di mettere in atto il piano che era stato programmato per la difesa delle fabbriche, compreso la Magneti Marelli di Crescenzago.

Nel primo pomeriggio dello stesso giorno i partigiani del comandante Giuseppe Martino appartenenti alla brigata Garibaldi occuparono la sede fascista “Aldo Sette” di via Padova 257. Vennero messi anche dei posti di blocco in via Padova per controllare i veicoli sospetti che tentavano di allontanarsi da Milano.

Nel frattempo nella vicina Turro la 130ª brigata Garibaldi eseguì azioni di rastrellamento nel quartiere e occupò la fabbrica Magnaghi.

Verso le 15 una colonna composta da tedeschi delle SS e fascisti della X Mas che stava uscendo da Milano diretta al Brennero venne bloccata in via Padova all’altezza del Ponte Nuovo (via Arici). La colonna, che aveva alla sua testa un’autoblindo, forzò il blocco, utilizzando anche armi pesanti e proseguì lungo via Padova. Nel conflitto  a fuoco morì il partigiano Valentino “Tino” Cerchierini detto “El Gatt”.

via Padova all'altezza di piazza Costantino dove avvenne lo scontro che indusse l'intervento di Don Enrico.

Nel frattempo i partigiani di Crescenzago allertati, con a capo Bruno Dubini si recarono in un cascinale in fondo a via S. Mamete, vicino alla cascina Bosco dove avevano nascosto delle armi. Tornati a Crescenzago armati,  si appostarono in via Amalfi lungo la Martesana per tentare di fermare la colonna. Quando la colonna arrivò all’altezza del Ponte Vecchio di piazza Costantino iniziò una sparatoria tra le parti. Chiamato dai parrocchiani preoccupati per la situazione che si era venuta a creare, arrivò sul posto Don Enrico Bigatti che incurante del pericolo, si frappose tra i contendenti agitando un fazzoletto bianco e riuscì a far cessare il fuoco. Parlò con gli ufficiali tedeschi e con i partigiani e ottenne di far ripartire la colonna senza un altro inutile spargimento di sangue.

Così ricorda l’episodio un parrocchiano di don Enrico:

“L’era quasi sera e i partigiani – che seren sistemà in via Amalfi adree al navili – sparaven de brutt per fermà una culonna de tedesch. El Don Enrico l’ha capì che la facenda la pudeva metes mall per tucc e alura per evità el pegg lè andà de cursa in sul punt del navili cunt un fasulett bianch e cunt i mann alsaa – in modo che pudeven vedell sia i partigiani che i tedesch e – quasi per incant – la sparatoria l’è finida”. (1)

Lo stesso episodio è stato narrato da Don Enrico nei suoi diari:

“Quando il 25 aprile u.s., nella sparatoria contro quell’autocarro tedesco mi sono avanzato verso il ponte per raccomandare la resa, ero armato solo di una Ave Maria. E tutto finì bene, nonostante il gravissimo pericolo, mio, d’esser colpito, e della popolazione, se lo scontro fosse continuato. Anche in quel fatto la Madonna prese l’iniziativa di tutto. Bisogna che questo si sappia.” (1)

1) (tratto da www.santamariarossa.it)