Don Enrico Bigatti, ma per tutti i crescenzaghesi semplicemente don Enrico, era un prete veramente speciale, amatissimo dai suoi parrocchiani e non solo. Morì prematuramente il 30 dicembre del 1960 in un incidente stradale nei pressi di Inzago, il 2 gennaio migliaia di milanesi parteciparono al suo funerale.

Nel 1986 a don Enrico fu conferita una medaglia d’oro alla memoria per la sua attività durante la guerra a favore di fuggiaschi, ebrei, partigiani, rifugiati politici, ecc… .

Nel 1994,  il comune di  Milano ed il consiglio di zona accolsero l’istanza presentata da amici di don Enrico, da alcuni consiglieri e da diverse associazioni che chiedevano di intitolare a don Enrico una piazza nel nuovo quartiere Adriano.

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Di seguito il testo scritto da Nino Legnazzi, uno dei “ragazzi di don Enrico” e da lui stesso letto, il 25 maggio 1994, durante la cerimonia di inaugurazione di “Largo Enrico Bigatti”.

Perché lo ricordiamo?  Perché siamo qui oggi?
Noi, ex giovani di don Enrico, lo presentiamo a chi è nuovo del nostro quartiere e lo vogliamo fare nel modo più semplice, partendo dalle origini.

Era nato in via Sesto San Giovanni (attuale via Adriano), il 25 giugno 1910; un mese dopo moriva suo padre; la giovane mamma allora ritornò in famiglia, i Bossi, che abitavano vicino alla chiesetta di via San Mamete, in via Lazzaretto, dove mamma Virginia trovò modo di allevare i tre figlioletti: Ercole, Pierina ed Enrico.

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Don Enrico con la mamma Virginia sul sagrato di S.Maria Rossa.

Questa antica zona, “el Lazarett”, “el Bosch”, “la Cattabrega”, era una immensa area verde dove Enrico, insieme ai fratelli, giocava liberamente rincorrendo libellule e farfalle come fanno tutti i bambini del mondo. Ha frequentato la scuola elementare di via Berra 14, intitolata a “don Enrico Tazzoli” martire di Belfiore, mentre la madre, per poter allevare i figli, prestava servizio presso la famiglia Sada.

In seguito trovò lavoro al saponificio Migone in Milano; donna semplice, orgogliosa, Virginia Bossi ci teneva ad un modesto ma dignitoso decoro.

Oltre alle difficoltà economiche, Enrico incontrò molte incomprensioni, specialmente quando manifestò il desiderio di farsi prete; in parrocchia non trovò né aiuto né incoraggiamento ma, siccome i disegni di Dio non sono quelli degli uomini, nel settembre dell’anno 1922, accompagnato dallo zio Ferdinando, entrò in seminario a Redona (Bergamo).
Due ricadute di pleurite gli impedirono di andare missionario e, grazie ad aiuti provvidenziali, continuò gli studi nel seminario diocesano.

Il 22 maggio 1937, Enrico Bigatti divenne sacerdote ed il 23 celebrò la sua prima Santa Messa qui a Crescenzago nella chiesa di Santa Maria in via Berra.

de-immaginetta2Venne poi destinato all’ “Istituto di San Vincenzo per l’educazione dei Deficienti” di via Copernico, dove si impegnò con solerte dedizione alla cura dei bambini minorati. “State attenti”, diceva quando andavamo ad aiutarlo per allestire lo spettacolo dei burattini: “loro non sanno esprimersi, però capiscono tutto”.

Dopo la morte del fratello Ercole e della sorella Pierina, rimase solo con la mamma e quando, nel gennaio 1941, fu nominato coadiutore nella nostra parrocchia, per noi giovani crescenzaghesi, fu grande festa: avere don Enrico vicino era garanzia di vivacità sociale e spirituale. Non c’era evento che lo vedesse estraneo.

La sua caratteristica particolare era la CARITA’ senza riserve e senza sottintesi: quando era necessario, non esitava a privarsi anche delle cose essenziali. Saputo che avevano rubato la bicicletta ad un povero ciabattino handicappato, gli donò immediatamente la sua.

NON PAROLE MA L’ESEMPIO: è così che ha conquistato Crescenzago. Tutti lo chiamavano, tutti avevano bisogno e Lui per tutti si prodigava; non contavano né le distanze né gli orari per don Enrico.

Il 25 luglio e l’armistizio nel 1943 trovano don Enrico preparato a tutto e il suo spirito missionario ebbe l’occasione di esprimersi nell’aiuto e nella difesa dei vecchi, dei deboli, dei fanciulli e delle vedove, ma il clima burrascoso del momento esigeva di più e don Enrico, con accortezza, prudenza e tempestività assume incarichi delicati: c’erano uomini in pericolo, italiani e stranieri, perseguitati, prigionieri di guerra, giovani sbandati, ebrei da accompagnare oltre confine per essere portati in salvo.

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1950, don Enrico durante il rito funebre di Fernando Margutti (ndt. mio nonno)

Per questa eroica carità si avvale della preziosa collaborazione di don Andrea Ghetti, don Aurelio Giussani e dei fidatissimi amici: Giovanni Meani, Mario Chiamenti, Marcellina Vischi e dei fratelli Barbante che, come rifugio temporaneo, avevano messo a disposizione la cascina “Melghera”, lontana da sguardi indiscreti.

Questo gruppo operava senza armi; segretezza, prudenza e tempestività erano le caratteristiche peculiari.

Don Enrico si presentava in vesti diverse, a volta era il prof. Ercole Rossi, altre era un semplice civile, altre ancora era un sacerdote. Gli episodi a rischio furono parecchi e un nostro amico – Peppino Candiani – perse la vita proprio durante una operazione di trasferimento in Isvizzera.

Il 15 gennaio 1944, don Enrico venne arrestato con il parroco – che fu poi rilasciato -, fu condotto a San Vittore dove subì un lungo interrogatorio ma, come riferì in seguito, non rivelò mai nulla di compromettente, né disse bugie perché ogni volta subentrava un provvidenziale svenimento, cui andava soggetto anche in tempi normali.

Lui però preferiva dichiarare che il merito era tutto della Madonna di cui era devotissimo: la potentissima madre di Gesù è sempre disponibile quando si tratta di aiutare i poveri peccatori come noi.

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Crescenzago, ponte sulla Martesana, 4 febbraio 1984.  Traslazione delle ossa di don Enrico dal cimitero di via del Ricordo, il portantino davanti con cappotto scuro è Nino Legnazzi che 10 anni dopo pronuncerà il discorso commemorativo durante la cerimonia di inaugurazione di Largo Enrico Bigatti.

Una volta scarcerato, don Enrico intensificò il suo lavoro al servizio degli uomini che hanno bisogno di essere salvati.

Durante l’insurrezione, il 25 aprile 1945, don Enrico è protagonista di un episodio esemplare. Nel tardo pomeriggio di quel giorno, i partigiani schierati in via Amalfi, lungo il Naviglio Martesana, tentano di fermare una colonna di automezzi tedeschi, c’è combattimento, e don Enrico, temendo il peggio, si incammina da solo sul ponte del Naviglio, unico punto per essere visto da tutti i contendenti e, con le braccia alzate, sventola un fazzoletto bianco. Immediatamente cessa il fuoco: don Enrico ha vinto! Dopo la tregua si fa garante dell’incolumità delle persone che si sono arrese. Segue poi il lungo calvario dalla parrocchia alla “Magneti Marelli” dove si è insediato il tribunale del Comitato Nazionale Alta Italia.

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Don Enrico mentre prega con l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini che sarebbe in seguito diventato papa Paolo VI

Non c’è tregua per chi, come don Enrico, è portatore di speranza e di pace: l’odio e il desiderio di vendetta accumulato nei lunghi anni della guerra non lasciano spazio alla pietà cristiana invocata ad alta voce da don Enrico.

Le incomprensioni e le contese politiche del dopo-guerra – si trattava di scegliere la giusta collocazione politica dell’Italia – hanno tentato di ridimensionare l’azione positiva di don Enrico.

Ci fu chi lo insultò, chi lo derise, ma Lui scese comunque in piazza, forte della propria fede, per difendere i sacrosanti princìpi della libertà civile e religiosa.

Noi tutti, galvanizzati dal suo entusiasmo, ci siamo gettati nella mischia: impegno politico, spirituale e sociale hanno fatto da sponda ad azione concrete.

Infatti, i più impegnati realizzarono 2 cooperative, una di consumo ed una di edilizia che hanno lasciato un segno tangibile a Crescenzago.

Nel 1950 si forma un gruppo ciclistico che, sotto lo stimolo spirituale di don Enrico, ha visitato molti Santuari in tutta Europa; alla sua morte, il gruppo si chiamerà “Amici di don Enrico Bigatti”.

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La Fiat 600 di don Enrico dopo l’incidente, molto probabilmente provocato dalla fitta nebbia

Quando, nel 1951, gli vennero affidate le cure della chiesa di Santa Maria al Castello, don Enrico continuò ad essere un punto di riferimento per tutti noi con il suo esempio: ogni occasione era buona per incontrarlo e per averlo tra noi.

Il 30 dicembre 1960, don Enrico muore in un incidente sulla strada Padana Superiore: la notizia vola di casa in casa: stupore, sgomento e commozione.

Alcuni di noi fecero veglia notturna e, il 1° gennaio 1961, quando la salma si fermò a Crescenzago, c’eravamo tutti: in chiesa, in via Berra, sul piazzale gremiti fino all’inverosimile.

C’eravamo tutti noi, beneficiari di tante esortazioni, di tanti perdoni, di tanti aiuti e, quando è arrivato il feretro, l’abbiamo accompagnato con il canto indimenticabile della Madonnina del Pont”.

Ci sarebbero mille cose da raccontare e da ricordare, ma per questa volta ci fermiamo qui. Cari amici, ci troveremo ancora e ogni occasione sarà buona per rinnovare la Sua storia, che ogni volta sarà più bella perché è vera: È LA STORIA DI DON ENRICO BIGATTI, PRETE CATTOLICO DI CRESCENZAGO.

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Gennaio 2015, largo Enrico Bigatti.  Alle spalle del cartello segnaletico la vecchia cascina Cattabrega, ora ristrutturata, a sinistra il palazzo di via Trasimeno 40/8, sullo sfondo si staglia il “grattacielo” del quartiere Adriano.

Largo Enrico Bigatti è un ampio slargo pedonale nel quartiere Adriano tra le vie Saragat e Trasimeno. Nell’ampio spazio ci sono la cascina Cattabrega che attualmente ospita una biblioteca ed il CAG (Centro Giovani Cascina Cattabrega) e la cascina S. Paolo (una volta cascina Gatti) che ospita un centro ricreativo per anziani.

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